Qual è il rapporto tra uomo e macchina? In che misura quest’ultima, nelle sue varie forme (robot, computer e così via), sta ri-configurando il mondo del lavoro e la metodologia di lavoro dei singoli settori?
Secondo Alessandro Rimassa, imprenditore della digital transformation, fondatore della Talent Garden Innovation School e oggi alla guida di Radical HR, la sfida a cui sono chiamate le aziende è duplice e riflette le contraddizioni di un’era di grande mutazione di modelli e scenari: se è vero che le persone non sono un’opzione o qualcosa di marginale (e potenzialmente non necessario) ma una componente chiave dei processi creativi e organizzativi, diviene comunque necessario essere consci che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale potrebbe impattare significativamente sul mondo delle professioni.
LE PERSONE AL CENTRO
Se da una parte è opportuno essere pronti all’impatto dell’AI dal punto di vista regolatorio e politico gestendo al meglio le conseguenze sociali che deriveranno da un suo più massiccio utilizzo, dall’altra dobbiamo trovare strategie efficaci volte a valorizzare le caratteristiche uniche dell’essere umano.
Il paradigma “persone al centro” non dev’essere solo uno slogan vuoto, ma una reale people strategy che spieghi perché e come le persone vengono messe al centro dell’azienda, dei suoi processi e del suo percorso di sviluppo industriale e di business.
L’apporto umano rimane quindi centrale, con tutte le sue competenze uniche e inimitabili, che può essere semmai potenziato dall’utilizzo di questi nuovi strumenti e non sostituito: è quindi fondamentale studiare continuamente per capire come usare la tecnologia per lavorare al meglio e anche più velocemente.
TRA TIMORI E ASPETTATIVE: L’INDAGINE DI BCG X
Ma come vivono l’impatto di queste nuove tecnologie i lavoratori?
L’indagine della società di consulenza BCG X, “AI at Work: What People Are Saying”, ha interrogat circa 13mila fra leader, manager e dipendenti in 18 Paesi del mondo su che cosa pensino dell’intelligenza artificiale di nuova generazione e del suo impatto sul lavoro.
I sentimenti dei lavoratori rispetto all’avvento dell’intelligenza artificiale e della GenAI sono contrastanti e variano anche notevolmente in funzione del ruolo e dell’anzianità dei soggetti rispondenti e del Paese di riferimento.
L’Italia risulta essere il Paese europeo che professa maggiore positività circa i possibili effetti dell’AI generativa con il 58% dei rispondenti che si esprimono in questo senso, mentre solo il 28% si dichiara preoccupato.

LE MACCHINE NON PENSANO
All’interno di questo dibattito si rende utile ricordare, dunque, ciò che rende l’AI una macchina e non un sostituto dell’intelligenza umana, come dichiara Massimo Chiriatti, Chief Technology Officer di Lenovo.
“L’intelligenza artificiale è un ottimo strumento per analizzare dati e restituirne un’interpretazione plausibile, ma non è affatto intelligente, in quanto non riesce a dare un vero significato alle cose. L’IA fa sintassi, ma non semantica, per usare un’espressione più complessa, mutuata dalla grammatica. Il giudizio umano è molto più profondo e rimarrà centrale anche in futuro”.
“Le macchine si nutrono di dati, ma non di regole – aggiunge – Per questo motivo, collezionano tutti i pregiudizi ed i difetti del nostro mondo, reiterando le ineguaglianze della società di oggi. Sta a noi avere una continua e consapevole conversazione sulla relazione tra uomo e macchina, per creare una comunità più giusta ed efficiente e che si liberi, in primo luogo, da tutti quei compiti alienanti e pericolosi, che ancora occupano tanta parte della vita professionale di tutti noi”.
COME GUIDARE LA DIGITAL TRANSFORMATION IN AZIENDA
Oggi diviene sempre più impellente la necessità di imparare a usare per davvero la tecnologia e serve un’organizzazione che sia partner delle persone per il loro benessere: nel libro “Le 5 lenti dell’HR”, Rimassa insiste sull’importanza del lavoro sul design dell’esperienza delle persone al lavoro, serve comunicare con loro quando sono in azienda e anche prima, serve ripensare la formazione.
Design, marketing, technology, learning e wellbeing sono, nel loro insieme, le lenti per ripensare il ruolo di chi lavora nelle risorse umane e più in generale il modo di essere leader in azienda e per comprendere come poter guidare la trasformazione della propria organizzazione.