Il fenomeno delle grandi dimissioni non accenna a fermarsi e in Italia il dato è particolarmente significativo il 25% dei lavoratori è pronto a cambiare lavoro entro un anno, in aumento rispetto al 19% del 2022.
Questi i dati emersi dell’indagine di PwC Hopes and Fears Global Workforce Survey, che ha analizzato gli atteggiamenti e i comportamenti di quasi 54mila lavoratori in 46 paesi.
Ma chi c’è in quel gruppo che prova un crescente bisogno di cambiamento? Tra i più propensi a cambiare attività troviamo persone che vivono una situazione di disagio come un senso di sopraffazione o la fatica a pagare le bollette ogni mese, ma di questo gruppo fanno parte anche ragazzi della Gen Z.

LA CULTURA DEL LAVORO E LE NECESSITÀ SALARIALI
Tra i fattori determinanti che influiscono sulla necessità di cambiare lavoro troviamo la cultura, la mission aziendale e le policy di inclusione
Sicuramente è importante valutare anche la dimensione macroeconomica in cui ci troviamo: il raffreddamento dell’economia e l’inflazione continuano a incidere su portafogli e capacità di spesa, tanto da rendere necessario, per alcuni lavoratori, cercare una seconda occupazione o richiedere un aumento salariale.
L’IMPORTANZA DELLE COMPETENZE
Le competenze professionali condizionano la fiducia dei lavoratori e l’attitudine al cambiamento in un ambiente economico e lavorativo in rapida evoluzione, ma è altrettanto vero che spesso il CV non basta per evidenziare tutte le poliedriche skills acquisite durante il percorso personale e lavorativo.
Molte aziende applicano metodologie di selezione del personale obsolete, che spesso non riescono efficacemente a intercettare talenti: il 35% degli intervistati dell’indagine di PwC a livello mondiale, afferma di possedere competenze che non emergono dal proprio cv o dalla propria storia lavorativa.

A livello di formazione, la situazione in Italia si discosta, inoltre, da quella di altri Paesi, come spiega Riccardo Donelli, partner PwC Italia People Transformation. “I risultati emersi dalla survey, validi per l’Italia quanto a livello globale, mostrano la necessità per le aziende di agire proattivamente per rispondere alle esigenze del mondo del lavoro che sono in continua trasformazione. I lavoratori italiani sono meno pronti all’innovazione e alla trasformazione rispetto ai colleghi di altri paesi”.
E LA TECNOLOGIA?
Quanto impatterà il crescente utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito professionale? Tra timori e incertezze, sono i giovani ad avere una visione più chiara: se confrontiamo i dati raccolti, i più giovani sono molto più propensi a pensare che l’IA avrà un impatto sulle loro carriere, che sia in positivo e in negativo. Solo il 14% della Gen Z, infatti, pensa che questa tecnologia non avrà nessun tipo di impatto. La percentuale sale al 17% per i Millennials e al 34% per i Baby Boomers.
Ha affermato Bob Moritz, presidente di PwC Global: “In un mondo in cui gli amministratori delegati sanno di dover trasformare le loro aziende per avere successo, emerge la necessità di combinare i vantaggi della tecnologia con un piano per sfruttare i talenti di tutti i lavoratori. Non è nell’interesse di nessuno che le aziende inseguano lo stesso gruppo di lavoratori qualificati, mentre il resto della società non progredisce”.
